Associazione culturale Gerardo Guerrieri

"Les Cinq Pères" era un gruppo musicale francese attivo negli anni '50, noto per il loro stile che fondeva chanson, umorismo e arrangiamenti vocali originali. Prendono parte a "Opus 109: Le sang neuf du rire et de la chanson”, la raccolta pubblicata dall'etichetta Philips. Questo album includeva una selezione di brani dal vivo che riflettevano la vivacità e l'ironia della scena musicale francese sempre prodotta da Jacques Canetti.

virtual exhibit Stanza SETTE

PAROLE E MUSICA

Dalla prima edizione fino alla metà degli anni Sessanta, il Teatro Club ha ospitato i più famosi autori, interpreti, compositori della canzone francese, Trenet, Ferré, Brassens, Brel, Aznavour, Gainbourg, e, in misura più ridotta, i recital dei più rappresentativi interpreti brechtiani, Ernst Busch, Gisela May e la cantante attrice Germaine Montero. Accanto a loro si susseguirono gli spettacoli di Jacques Canetti, grande scopritore di talenti, che nel suo locale parigino, Les Trois Baudets, sapeva intrecciare canto, mimo, poesia, fantasie musicali, canzoni di autori celebri. Questi esempi di un’arte delle relazioni tra canzone, poesia e impegno sociale, tessute dalle voci inquiete dei nuovi “trovatori”, e di un inedito varietà avrebbero contribuito a ispirare in Italia la figura del cantautore e le nuove riviste musicali.

Gallery: Musica e Teatro

Frontespizio del libretto di sala per il recital di Germaine Montero, Teatro Quirino, 17 dicembre 1957.
«Ha debuttato sulle scene sotto la direzione di Lorca. Il suo esordio in Francia è avvenuto nel 1938 al teatro Sarah Bernhardt in Fonte aux Cabres, di Lope de Vega. Seguirono Le Nozze di Sangue di Lorca, Le Bal des Voleurs, di Anouilh, Les Fourberies de Scapin, Le Carrosse du Saint-Sacrement , Madame sans gêne e I Fratelli Karamazov. Nel dopoguerra ha interpretato numerosi ruoli, apparendo in molti spettacoli: Riccardo II e Le Pain Dur di Claudel; conoscendo memorabili successi, come quelli riportati nell’Echange e in Madre Coraggio ». È infatti con quest’ultimo dramma, messo in scena da Jean Vilar per il Théâtre National Populaire, che Germaine Montero ha raggiunto la vetta più alta della sua intensa arte drammatica». Estratto da una pagina del libretto di sala dello spettacolo.
«[…] Di rivoluzione in rivoluzione, arriviamo ai giorni nostri con le canzoni di Prévert e Kosma, in cui i giovani innamorati immemori di tutto sono figure allacciate nella nebbia del tempo come personaggi della Parigi di Carné… Una canzone intrisa e nata dalla poesia: per cui gli stessi cantanti appaiono nutriti e imboccati dai poeti, da Yvette Guilbert che fece i primi tentativi di portare la poesia nel Caffè Concerto, alle moderne Marianne Oswald, e Damia, e Agnès Capri, e a Germaine Montero che il pubblico del Teatro Club di Roma hanno applaudito nel repertorio che pressappoco abbiamo indicato.Ma il repertorio di Germaine Montero, come ha dimostrato in un recital densissimo, non si limita alla canzone: la Montero è un’attrice di prosa delle più sottili e insieme popolari e vigorose che conti la scena francese: basti dire che ha interpretato Lo Scambio di Claudel con Barrault, e La Macchina Infernale, rifacimento edipico di Cocteau, e sta recitando adesso Madre Coraggio di Brecht al Théâtre National Populaire diretto da Vilar, dopo avere, al Club d’Essais della Radio francese, interpretato modernissimi esperimenti come La Rallentata di Michaux.Se a questo si aggiunge che Germaine Montero, prima di recitare in francese a Parigi, ha recitato a Barcellona, debuttando nel teatro universitario di García Lorca, e che di quest’ultimo ha presentato e recitato molti drammi in spagnolo, e Nozze di Sangue in francese a Parigi, e che fra le sue cose certamente più belle si annoverano la recitazione delle più belle poesie di Lorca, e il canto delle canzoni che Lorca scrisse e musicò per i suoi drammi, si avrà appena una pallida idea delle corde e delle “banderillas” che questa toreadora del teatro possiede al suo arco. » Gerardo Guerrieri, estratto da “GERMAINE MONTERO: da Panama a Perlimplin”, dal materiale preparatorio della stagione.
Prima pagina del libretto di sala per Il recital Canzoni, liriche, storie che venne presentato durante la stagione del 1958-59. Teatro Quirino, 11 e 12 dicembre 1958.
«Nella raffigurazione dell’operaio rivoluzionario, Busch si serve con parsimonia dei sentimenti. È la parsimonia di un uomo che spende molto. Questa umanità dispone di intelligenza coraggio e tenacia. Lo straordinario nell’arte di Busch, è che riesce a realizzare un disegno tecnico che ha anche valore artistico. I nuovi elementi, con cui egli costruisce il personaggio rendono indimenticabile la sua prestazione, ma fanno anche sì che solo pochi spettatori colgano immediatamente il valore di tale risultato. Nessuno è senz’altro disposto a definirlo un grande attore — così come il Medioevo, abituato agli alchimisti, non definiva senz’altro i chimici grandi scienziati». Estratto da THEATERARBEIT – Dresda 1952. Fa parte del libretto di sala del recital Canzoni, liriche, storie che venne presentato al Teatro Quirino l’11 e il 12 dicembre 1958. L’estratto fa anche parte del volume L’attore popolare Ernst Busch, in Theaterbeilt. Fare Teatro di Bertolt Brecht. Sei allestimenti del Berliner Ensemble. Il Saggiatore, pp.153-4.
Gisela May vantava una lunga collaborazione con il Berliner Ensemble, di Bertolt Brecht e Helene Weigel. Magistrale interprete delle loro canzoni è stata considerata la massima esponente del canto epico.
Jacques Canetti e l’attore Carlo Mazzarella. «Georges Brassens l’aveva soprannominato “Socrate”». Discografico, produttore radiofonico, ma, soprattutto, grande scopritore di talenti, Jacques Canetti li allevava e li accudiva nel suo locale, il Théâtre des Trois Baudets, trampolino per il salto nella celebrità di poeti, musicisti intrattenitori, autori, attori e cantanti come Raymond Devos, George Brassens, Juliette Gréco, Catherine Sauvage. Nei suoi spettacoli, Canetti sapeva combinare con maestria canto, mimo, poesia, fantasie musicali, canzoni di autori celebri.
Nel 1952, George Brassens canta in piccoli cabaret quando viene notato da Jacques Canetti, che lo porta al Théâtre des Trois Baudets, dove debutterà ufficialmente come “chansonnier”. Brassens è un poeta e musicista “engagé” che subirà la censura per canzoni come Le Gorille e Hécatombe, spesso bandite dalle radio per contenuti anticlericali o scabrosi. Fabrizio De André ha tradotto e reinterpretato diverse canzoni di Brassens, in particolare: Morire per delle idee” (Mourir pour des idées) Il gorilla (Le Gorille, Marcia nuziale (La marche nuptiale). Proprio con Les Trois Baudets” di Canetti venne ospitato dal Teatro Club nella stagione del 1958 con Les 4 Barbus e Gerard Séty. Roma - Teatro Quirino 31 marzo - 1aprile 1958.
Jacques Brel, Catherine Sauvage, poco dietro di loro si intravede Anne d’Arbeloff, 1958. «A considerare Devos, e Jacques Brel, e Catherine Sauvage, che Jacques Canetti presenta nel più famoso teatro di varietà di Parigi, «Les Trois Baudets» (I tre asinelli): Gioia, Fiducia e Tenacia, vien da chiedersi dove è arrivato il vecchio, glorioso «café chantant». Sembra quasi tornato al punto di partenza. Al richiamo dell’attenzione su un tipo pescato di fresco in mezzo alla gente, per puro divertimento generale: un modo modesto, ma efficace, di fustigare i costumi». Da un estratto dal libretto di sala della stagione 1958, Teatro “Les Trois Baudets”.
«Raymond Devos si presenta sul palcoscenico così com’è nella vita. Dalla strada entra nel teatro, passa fugacemente per il camerino, infila le quinte, si affaccia al pubblico. A spettacolo ultimato, si fa il percorso all’inverso e ritorna nella strada. In giro per affari si veste come alla ribalta. Quasi non si trucca. Non c’è alterazione per elevarsi al proscenio. Non c’è cambiamento per ritornare a casa. Lo spettacolo se lo trova davanti, come a sorprendere un passante dalla finestra o un bacillo al microscopio. Parte e torna nella realtà. Della realtà fino alla disperazione parossistica dell’uomo d’oggi egli è a un tempo vittima, testimone e accusatore». Da un estratto dal libretto di sala della serata dedicata al Teatro “Les Trois Baudets” 1958.
Frontespizio del libretto di sala, con la presentazione degli spettacoli del teatro parigino “Les Trois Baudets”.
Pagina del libretto di sala. Alla domanda: «come sceglie le sue canzoni? » Catherine Sauvage ha risposto: «Una scelta generalmente istintiva». Mi oriento prima da un punto di vista scenico. Da principio sono stata attratta dal teatro, lo sono tuttora. Ma le canzoni mi appassionano allo stesso modo. Quando mi viene offerta una canzone, ho una reazione immediata». Alla domanda: «Qual è la canzone che preferisce?» ha risposto: «Quando un editore avrà una canzone che nessun artista accetterà, probabilmente quella canzone sarà fatta per me». Estratto dal libretto di sala, presentazione degli spettacoli del teatro parigino “Les Trois Baudets”.
Una scena dallo spettacolo dei mimi “Les Trois Horaces”, Teatro Quirino, Roma, 13 gennaio 1958.
Col volto imbiancato, costumi neri attillati, calzini dai colori sgargianti, le invenzioni sceniche del trio “Les Trois Horaces” venivano composte con concertati di azioni mimiche, giochi di mani, espressioni facciali alla Marcel Marceau e qualità vocali che gli permettevano di affrontare un repertorio di canzoni di alto livello, da Léo Ferré a Pierre Louki. Una scena dallo spettacolo dei mimi “Les Trois Horaces”, Teatro Quirino, Roma, 13 gennaio 1958
Frontespizio del libretto di sala per Opus 109, spettacolo del Théâtre des Trois Baudets diretto da Jacques Canetti, Teatro Quirino, Roma, 9 aprile 1959.
«[…] Opus 109: diciannove titoli, diciannove programmi ci raccontano la storia dei “Les Trois Baudets”. Si è sorpresi, guardando i vecchi manifesti, di vedere, come i nomi che nei primi apparivano piccoli, in coda, si fanno strada gradualmente, fino a raggiungere il posto d’onore. Non c’è debuttante scoperto da Canetti e al quale egli affidi una piccola parte in uno dei suoi spettacoli, che non si trovi due o tre stagioni dopo ad essere, la stella di una nuova produzione. È una prova di più oltre che dell’intuito di Canetti, anche della sua scrupolosità nel saggiare e dosare accuratamente le doti delle sue scoperte; è il segno di una continuità di stile che ha rinnovato le scene del music-hall parigino». Estratto dal libretto di sala, Teatro Quirino, Roma, 9 aprile 1959.
“J’ai voulu faire une fugue... mais je suis revenu.” Gainsbourg, da Opus 109. Gainsbourg lo definì un “delirio musicale semi-seriale”, un'opera che parodiava la musica classica e le strutture rigide della musica colta. Opus 109 non è solo un titolo enigmatico, ma un simbolo della sperimentazione e dell’avanguardia musicale che caratterizzò l’incontro tra Jacques Canetti e un giovane Serge Gainsbourg all’inizio degli anni '60. Canetti, fu fondamentale nel dare spazio alla vena anticonformista e innovativa di Gainsbourg. In Opus 109, Canetti gli diede carta bianca permettendogli di esplorare nuove forme espressive tra parola, canto e recitativo.
Una giacca sopra una maglia da marinaio, un cappello di foggia variabile a seconda dello spettacolo e dell'anno, e una barba, a volte vera, ma spesso finta: dai primi Anni Cinquanta, “Les Quatre Barbus” incarnavano alla perfezione l’arte vocale armonizzata a quattro voci. Combinando poesia, umorismo, fantasia, gioia di vivere, insolenza e battute salaci, rappresentavano, insieme ai “Les Frères Jacques”, il controcanto burlesco all’epoca d’oro della “chanson”.
Immagini dallo spettacolo de “Les Quatre Barbus” al Teatro Quirino, Roma, il 31 marzo-1 aprile 1958.
Manifesto dei “Frères Jacques” , realizzato da Jean Michel Malcles.
Les Frères Jacques. Canzoni trasformate in scenette teatrali, travestimenti stralunati, azioni mimiche da teatro di strada, giocosi concertati di voci, numeri da circo: “Les Frères Jacques” avevano inventato nel primo dopoguerra un imprevedibile cabaret musicale. Calzamaglia, guanti, cappello con l’aggiunta di dettagli imprevisti, un paio d’occhiali o un mazzo di fiori, “Les Frères Jacques” incarnano una avventura fantastica, un’isola irridente e un po’ folle dell’arcipelago dei grandi “chansonniers” dell’epoca.
L’’ensemble’ dei “Les Frères Jacques”: André Bellec, George Bellec, Paul Tourenne, François Soubeyran, vennero per la prima volta nella Stagione 1960, al Teatro delle Vittorie, ritornando poi durante il primo Premio Roma nel 1969.
Frontespizio del libretto di sala del récital di Juliette Gréco, Teatro Parioli, Roma 17-18 novembre, 1960. Juliette Gréco attrice e musa della “chanson”. Canetti intuì che la voce di Gréco, profonda e intensa, sarebbe stata perfetta per i testi poetici e impegnati di autori come Boris Vian, Jacques Prévert e Léo Ferré dandole accesso alle scene teatrali e ai cabaret più importanti di Parigi (come “Le Boeuf sur le Toit”) facendo di lei la voce simbolo di Saint-Germain-des-Prés. Gréco divenne una delle maggiori interpreti de la “chanson” intellettuale cantando testi prodotti da Canetti stesso, come Déshabillez-moi, Je hais les dimanches, Si tu t’imagines, ma anche di Jean-Paul Sartre, Jacques Prévert e Raimond Queneau. Gerard Séty condivideva lo stesso “milieu” culturale e si muoveva nella “Rive Gauche”, l’avamposto privilegiato della scena teatrale intellettuale parigina come il Théâtre des Noctambules, il Théâtre de l’Atelier, e altri cabaret letterari.
Frontespizio del libretto di sala del recital di Charles Aznavour, 1-9 febbraio al Teatro Parioli di Roma. Charles Aznavour era stato scoperto da Jacques Canetti all’inizio degli anni ’50. Canetti lo considerava più un autore che un interprete incoraggiandolo a scrivere per altri artisti, tra cui Édith Piaf, Gilbert Bécaud e Juliette Gréco. Sebbene Canetti produsse alcune tra le prime apparizioni da solista di Aznavour, fu Piaf, più tardi, a imporsi come sua mentore pubblica. Tuttavia, la formazione di Aznavour come autore raffinato e teatrale deve molto all’ambiente del cabaret letterario di Canetti.
Gilbert Bécaud. Un “mélange” tra chanson, operetta, e varietà. Faceva parte del panorama della “chanson” francese negli anni '50, in un contesto dominato da figure come Charles Trenet, Edith Piaf e Georges Brassens. Jacques Canetti ebbe un ruolo fondamentale nel lanciare la sua carriera. Dirigeva allora la Philips e successivamente la propria etichetta indipendente “Les Disques Canetti”. Canetti riconobbe il potenziale teatrale e compositivo di Bécaud quando quest’ultimo lavorava ancora come pianista e autore per altri “chansonnier”, tra cui Edith Piaf. Bécaud fu profondamente influenzato da Canetti non solo nella produzione musicale, ma anche nel costruire un'immagine scenica potente e drammatica, che poi lo rese celebre come Monsieur 100.000 Volts. Ospite del Teatro Club durante la stagione del 1965, il 18 ottobre, Teatro Sistina di Roma.
Leo Ferré, che aveva adottato nel 1961 un cucciolo femmina di scimpanzé chiamato Pépée, amava circondarsi di animali di ogni specie che spesso comparivano nelle sue poesie, ma il rapporto con Pépée era davvero speciale, tanto che il poeta le dedicò un intero componimento, intitolato proprio Pépée. Partecipò con il suo recital alla prima edizione del Premio Roma, Teatro Sistina, 19 maggio 1969.
Francese emigrata in Spagna, Germaine Montero da giovanissima aveva lavorato con Garcia Lorca, poi, con l’avvento del regime franchista, era tornata in Francia abitando le sue due patrie artistiche con la recitazione e il canto. Quando arriva in Italia, aveva portato con sé l’immagine potente con cui aveva dato vita da poco a Madre Coraggio di Bertolt Brecht. Germaine Montero Teatro Quirino, 19 dicembre 1957.
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Frontespizio del libretto di sala per il recital di Germaine Montero, Teatro Quirino, 17 dicembre 1957.
«Ha debuttato sulle scene sotto la direzione di Lorca. Il suo esordio in Francia è avvenuto nel 1938 al teatro Sarah Bernhardt in Fonte aux Cabres, di Lope de Vega. Seguirono Le Nozze di Sangue di Lorca, Le Bal des Voleurs, di Anouilh, Les Fourberies de Scapin, Le Carrosse du Saint-Sacrement , Madame sans gêne e I Fratelli Karamazov. Nel dopoguerra ha interpretato numerosi ruoli, apparendo in molti spettacoli: Riccardo II e Le Pain Dur di Claudel; conoscendo memorabili successi, come quelli riportati nell’Echange e in Madre Coraggio ». È infatti con quest’ultimo dramma, messo in scena da Jean Vilar per il Théâtre National Populaire, che Germaine Montero ha raggiunto la vetta più alta della sua intensa arte drammatica». Estratto da una pagina del libretto di sala dello spettacolo.
«[…] Di rivoluzione in rivoluzione, arriviamo ai giorni nostri con le canzoni di Prévert e Kosma, in cui i giovani innamorati immemori di tutto sono figure allacciate nella nebbia del tempo come personaggi della Parigi di Carné… Una canzone intrisa e nata dalla poesia: per cui gli stessi cantanti appaiono nutriti e imboccati dai poeti, da Yvette Guilbert che fece i primi tentativi di portare la poesia nel Caffè Concerto, alle moderne Marianne Oswald, e Damia, e Agnès Capri, e a Germaine Montero che il pubblico del Teatro Club di Roma hanno applaudito nel repertorio che pressappoco abbiamo indicato.Ma il repertorio di Germaine Montero, come ha dimostrato in un recital densissimo, non si limita alla canzone: la Montero è un’attrice di prosa delle più sottili e insieme popolari e vigorose che conti la scena francese: basti dire che ha interpretato Lo Scambio di Claudel con Barrault, e La Macchina Infernale, rifacimento edipico di Cocteau, e sta recitando adesso Madre Coraggio di Brecht al Théâtre National Populaire diretto da Vilar, dopo avere, al Club d’Essais della Radio francese, interpretato modernissimi esperimenti come La Rallentata di Michaux.Se a questo si aggiunge che Germaine Montero, prima di recitare in francese a Parigi, ha recitato a Barcellona, debuttando nel teatro universitario di García Lorca, e che di quest’ultimo ha presentato e recitato molti drammi in spagnolo, e Nozze di Sangue in francese a Parigi, e che fra le sue cose certamente più belle si annoverano la recitazione delle più belle poesie di Lorca, e il canto delle canzoni che Lorca scrisse e musicò per i suoi drammi, si avrà appena una pallida idea delle corde e delle “banderillas” che questa toreadora del teatro possiede al suo arco. » Gerardo Guerrieri, estratto da “GERMAINE MONTERO: da Panama a Perlimplin”, dal materiale preparatorio della stagione.
Prima pagina del libretto di sala per Il recital Canzoni, liriche, storie che venne presentato durante la stagione del 1958-59. Teatro Quirino, 11 e 12 dicembre 1958.
«Nella raffigurazione dell’operaio rivoluzionario, Busch si serve con parsimonia dei sentimenti. È la parsimonia di un uomo che spende molto. Questa umanità dispone di intelligenza coraggio e tenacia. Lo straordinario nell’arte di Busch, è che riesce a realizzare un disegno tecnico che ha anche valore artistico. I nuovi elementi, con cui egli costruisce il personaggio rendono indimenticabile la sua prestazione, ma fanno anche sì che solo pochi spettatori colgano immediatamente il valore di tale risultato. Nessuno è senz’altro disposto a definirlo un grande attore — così come il Medioevo, abituato agli alchimisti, non definiva senz’altro i chimici grandi scienziati». Estratto da THEATERARBEIT – Dresda 1952. Fa parte del libretto di sala del recital Canzoni, liriche, storie che venne presentato al Teatro Quirino l’11 e il 12 dicembre 1958. L’estratto fa anche parte del volume L’attore popolare Ernst Busch, in Theaterbeilt. Fare Teatro di Bertolt Brecht. Sei allestimenti del Berliner Ensemble. Il Saggiatore, pp.153-4.
Gisela May vantava una lunga collaborazione con il Berliner Ensemble, di Bertolt Brecht e Helene Weigel. Magistrale interprete delle loro canzoni è stata considerata la massima esponente del canto epico.
Jacques Canetti e l’attore Carlo Mazzarella. «Georges Brassens l’aveva soprannominato “Socrate”». Discografico, produttore radiofonico, ma, soprattutto, grande scopritore di talenti, Jacques Canetti li allevava e li accudiva nel suo locale, il Théâtre des Trois Baudets, trampolino per il salto nella celebrità di poeti, musicisti intrattenitori, autori, attori e cantanti come Raymond Devos, George Brassens, Juliette Gréco, Catherine Sauvage. Nei suoi spettacoli, Canetti sapeva combinare con maestria canto, mimo, poesia, fantasie musicali, canzoni di autori celebri.
Nel 1952, George Brassens canta in piccoli cabaret quando viene notato da Jacques Canetti, che lo porta al Théâtre des Trois Baudets, dove debutterà ufficialmente come “chansonnier”. Brassens è un poeta e musicista “engagé” che subirà la censura per canzoni come Le Gorille e Hécatombe, spesso bandite dalle radio per contenuti anticlericali o scabrosi. Fabrizio De André ha tradotto e reinterpretato diverse canzoni di Brassens, in particolare: Morire per delle idee” (Mourir pour des idées) Il gorilla (Le Gorille, Marcia nuziale (La marche nuptiale). Proprio con Les Trois Baudets” di Canetti venne ospitato dal Teatro Club nella stagione del 1958 con Les 4 Barbus e Gerard Séty. Roma - Teatro Quirino 31 marzo - 1aprile 1958.
Jacques Brel, Catherine Sauvage, poco dietro di loro si intravede Anne d’Arbeloff, 1958. «A considerare Devos, e Jacques Brel, e Catherine Sauvage, che Jacques Canetti presenta nel più famoso teatro di varietà di Parigi, «Les Trois Baudets» (I tre asinelli): Gioia, Fiducia e Tenacia, vien da chiedersi dove è arrivato il vecchio, glorioso «café chantant». Sembra quasi tornato al punto di partenza. Al richiamo dell’attenzione su un tipo pescato di fresco in mezzo alla gente, per puro divertimento generale: un modo modesto, ma efficace, di fustigare i costumi». Da un estratto dal libretto di sala della stagione 1958, Teatro “Les Trois Baudets”.
«Raymond Devos si presenta sul palcoscenico così com’è nella vita. Dalla strada entra nel teatro, passa fugacemente per il camerino, infila le quinte, si affaccia al pubblico. A spettacolo ultimato, si fa il percorso all’inverso e ritorna nella strada. In giro per affari si veste come alla ribalta. Quasi non si trucca. Non c’è alterazione per elevarsi al proscenio. Non c’è cambiamento per ritornare a casa. Lo spettacolo se lo trova davanti, come a sorprendere un passante dalla finestra o un bacillo al microscopio. Parte e torna nella realtà. Della realtà fino alla disperazione parossistica dell’uomo d’oggi egli è a un tempo vittima, testimone e accusatore». Da un estratto dal libretto di sala della serata dedicata al Teatro “Les Trois Baudets” 1958.
Frontespizio del libretto di sala, con la presentazione degli spettacoli del teatro parigino “Les Trois Baudets”.
Pagina del libretto di sala. Alla domanda: «come sceglie le sue canzoni? » Catherine Sauvage ha risposto: «Una scelta generalmente istintiva». Mi oriento prima da un punto di vista scenico. Da principio sono stata attratta dal teatro, lo sono tuttora. Ma le canzoni mi appassionano allo stesso modo. Quando mi viene offerta una canzone, ho una reazione immediata». Alla domanda: «Qual è la canzone che preferisce?» ha risposto: «Quando un editore avrà una canzone che nessun artista accetterà, probabilmente quella canzone sarà fatta per me». Estratto dal libretto di sala, presentazione degli spettacoli del teatro parigino “Les Trois Baudets”.
Una scena dallo spettacolo dei mimi “Les Trois Horaces”, Teatro Quirino, Roma, 13 gennaio 1958.
Col volto imbiancato, costumi neri attillati, calzini dai colori sgargianti, le invenzioni sceniche del trio “Les Trois Horaces” venivano composte con concertati di azioni mimiche, giochi di mani, espressioni facciali alla Marcel Marceau e qualità vocali che gli permettevano di affrontare un repertorio di canzoni di alto livello, da Léo Ferré a Pierre Louki. Una scena dallo spettacolo dei mimi “Les Trois Horaces”, Teatro Quirino, Roma, 13 gennaio 1958
Frontespizio del libretto di sala per Opus 109, spettacolo del Théâtre des Trois Baudets diretto da Jacques Canetti, Teatro Quirino, Roma, 9 aprile 1959.
«[…] Opus 109: diciannove titoli, diciannove programmi ci raccontano la storia dei “Les Trois Baudets”. Si è sorpresi, guardando i vecchi manifesti, di vedere, come i nomi che nei primi apparivano piccoli, in coda, si fanno strada gradualmente, fino a raggiungere il posto d’onore. Non c’è debuttante scoperto da Canetti e al quale egli affidi una piccola parte in uno dei suoi spettacoli, che non si trovi due o tre stagioni dopo ad essere, la stella di una nuova produzione. È una prova di più oltre che dell’intuito di Canetti, anche della sua scrupolosità nel saggiare e dosare accuratamente le doti delle sue scoperte; è il segno di una continuità di stile che ha rinnovato le scene del music-hall parigino». Estratto dal libretto di sala, Teatro Quirino, Roma, 9 aprile 1959.
“J’ai voulu faire une fugue... mais je suis revenu.” Gainsbourg, da Opus 109. Gainsbourg lo definì un “delirio musicale semi-seriale”, un'opera che parodiava la musica classica e le strutture rigide della musica colta. Opus 109 non è solo un titolo enigmatico, ma un simbolo della sperimentazione e dell’avanguardia musicale che caratterizzò l’incontro tra Jacques Canetti e un giovane Serge Gainsbourg all’inizio degli anni '60. Canetti, fu fondamentale nel dare spazio alla vena anticonformista e innovativa di Gainsbourg. In Opus 109, Canetti gli diede carta bianca permettendogli di esplorare nuove forme espressive tra parola, canto e recitativo.
Una giacca sopra una maglia da marinaio, un cappello di foggia variabile a seconda dello spettacolo e dell'anno, e una barba, a volte vera, ma spesso finta: dai primi Anni Cinquanta, “Les Quatre Barbus” incarnavano alla perfezione l’arte vocale armonizzata a quattro voci. Combinando poesia, umorismo, fantasia, gioia di vivere, insolenza e battute salaci, rappresentavano, insieme ai “Les Frères Jacques”, il controcanto burlesco all’epoca d’oro della “chanson”.
Immagini dallo spettacolo de “Les Quatre Barbus” al Teatro Quirino, Roma, il 31 marzo-1 aprile 1958.
Manifesto dei “Frères Jacques” , realizzato da Jean Michel Malcles.
Les Frères Jacques. Canzoni trasformate in scenette teatrali, travestimenti stralunati, azioni mimiche da teatro di strada, giocosi concertati di voci, numeri da circo: “Les Frères Jacques” avevano inventato nel primo dopoguerra un imprevedibile cabaret musicale. Calzamaglia, guanti, cappello con l’aggiunta di dettagli imprevisti, un paio d’occhiali o un mazzo di fiori, “Les Frères Jacques” incarnano una avventura fantastica, un’isola irridente e un po’ folle dell’arcipelago dei grandi “chansonniers” dell’epoca.
L’’ensemble’ dei “Les Frères Jacques”: André Bellec, George Bellec, Paul Tourenne, François Soubeyran, vennero per la prima volta nella Stagione 1960, al Teatro delle Vittorie, ritornando poi durante il primo Premio Roma nel 1969.
Frontespizio del libretto di sala del récital di Juliette Gréco, Teatro Parioli, Roma 17-18 novembre, 1960. Juliette Gréco attrice e musa della “chanson”. Canetti intuì che la voce di Gréco, profonda e intensa, sarebbe stata perfetta per i testi poetici e impegnati di autori come Boris Vian, Jacques Prévert e Léo Ferré dandole accesso alle scene teatrali e ai cabaret più importanti di Parigi (come “Le Boeuf sur le Toit”) facendo di lei la voce simbolo di Saint-Germain-des-Prés. Gréco divenne una delle maggiori interpreti de la “chanson” intellettuale cantando testi prodotti da Canetti stesso, come Déshabillez-moi, Je hais les dimanches, Si tu t’imagines, ma anche di Jean-Paul Sartre, Jacques Prévert e Raimond Queneau. Gerard Séty condivideva lo stesso “milieu” culturale e si muoveva nella “Rive Gauche”, l’avamposto privilegiato della scena teatrale intellettuale parigina come il Théâtre des Noctambules, il Théâtre de l’Atelier, e altri cabaret letterari.
Frontespizio del libretto di sala del recital di Charles Aznavour, 1-9 febbraio al Teatro Parioli di Roma. Charles Aznavour era stato scoperto da Jacques Canetti all’inizio degli anni ’50. Canetti lo considerava più un autore che un interprete incoraggiandolo a scrivere per altri artisti, tra cui Édith Piaf, Gilbert Bécaud e Juliette Gréco. Sebbene Canetti produsse alcune tra le prime apparizioni da solista di Aznavour, fu Piaf, più tardi, a imporsi come sua mentore pubblica. Tuttavia, la formazione di Aznavour come autore raffinato e teatrale deve molto all’ambiente del cabaret letterario di Canetti.
Gilbert Bécaud. Un “mélange” tra chanson, operetta, e varietà. Faceva parte del panorama della “chanson” francese negli anni '50, in un contesto dominato da figure come Charles Trenet, Edith Piaf e Georges Brassens. Jacques Canetti ebbe un ruolo fondamentale nel lanciare la sua carriera. Dirigeva allora la Philips e successivamente la propria etichetta indipendente “Les Disques Canetti”. Canetti riconobbe il potenziale teatrale e compositivo di Bécaud quando quest’ultimo lavorava ancora come pianista e autore per altri “chansonnier”, tra cui Edith Piaf. Bécaud fu profondamente influenzato da Canetti non solo nella produzione musicale, ma anche nel costruire un'immagine scenica potente e drammatica, che poi lo rese celebre come Monsieur 100.000 Volts. Ospite del Teatro Club durante la stagione del 1965, il 18 ottobre, Teatro Sistina di Roma.
Leo Ferré, che aveva adottato nel 1961 un cucciolo femmina di scimpanzé chiamato Pépée, amava circondarsi di animali di ogni specie che spesso comparivano nelle sue poesie, ma il rapporto con Pépée era davvero speciale, tanto che il poeta le dedicò un intero componimento, intitolato proprio Pépée. Partecipò con il suo recital alla prima edizione del Premio Roma, Teatro Sistina, 19 maggio 1969.
Francese emigrata in Spagna, Germaine Montero da giovanissima aveva lavorato con Garcia Lorca, poi, con l’avvento del regime franchista, era tornata in Francia abitando le sue due patrie artistiche con la recitazione e il canto. Quando arriva in Italia, aveva portato con sé l’immagine potente con cui aveva dato vita da poco a Madre Coraggio di Bertolt Brecht. Germaine Montero Teatro Quirino, 19 dicembre 1957.
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